Biblioteca storica e letteraria di Sicilia

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L.P. Lauriel, 1877
 

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Página 12 - Rex ego qui sum Sicaniae, figulo sum genitore satus '. Fortunam reverenter habe, quicumque repente Dives ab exili progrediere loco...
Página 135 - Ch'ornò Bologna ed or Messina impingua. Oh fugace dolcezza ! oh viver lasso ! Chi mi ti tolse sì tosto dinanzi, Senza cui non sapeo mover un passo ? Dove sei or, che meco eri pur dianzi ? Ben è il viver mortal, che sì n' aggrada, Sogno d'infermi e fola di romanzi.
Página 287 - ... vedeva una città molto diversa da quella, peraltro splendida, che noi vediamo: era la vecchia Noto araba che alla fine del secolo successivo un terremoto doveva radere al suolo), quello di Avola dolce di frutteti fino alla riva. Il lido si fa accidentato. Il fiume e la punta di Cassibile. Siracusa. "Ben è vero, che di questa città oggi non se ne vedono che per tutto il contorno le stupende reliquie, le quali danno vero segno della potenza e grandezza de
Página 388 - Verdi e belle rive, piene di vaghi fonti e di bellissimi arbori domestici » dove ora ci sono brutte case e maleodoranti scarichi.
Página 146 - ... manoscritte, al fondo della Biblioteca Comunale palermitana, da dove nel 1877 l'infaticabile Gioacchino Di Marzo la trasse e pubblicò. Il Camilliani comincia dunque il suo viaggio da Palermo: sommariamente descrive la città, le sue strade dritte, gli edifici bellissimi « drizzati con somma architettura » che « rendono tanta commodità ai popoli ed amenità al sito, che può stare al paragone di qualsivoglia città d'Italia»; e dalla città esce dalla parte del molo, che era stato in quegli...
Página 287 - ... siracusani. Non si vede al presente altro che l'isola, la qual, fortissima di sito, di porto e di abitazione ornata, ritiene il nome di Siracusa." Le calette, le rocce, le grotte, si alternano alle spiagge aperte. E fonti d'acqua dolce. E torri di guardia, ridotti, castelletti. Finché si entra nel "gran Seno Megario", vale a dire nel porto di Augusta. La spiaggia che tira verso Catania, attraversando il territorio di Lentini, nella descrizione...
Página 368 - Strabene, e Plinio, detta Tindario secondo Tolomeo, la quale era antichissima, e posta in un colle rilevato, che di verso il mare ha le rupi tutte discoscese e precipiti, ed oggi è rovinata. Questa città fu edificata da' Lacedemoni, e 1£ diede il nome Tindaro, padre di Leda, madre di Castore, e di Polluce.
Página 204 - Molaga, la quale è un ridotto tanto coperto, che se non ci fusse la torre di S. Nicola quivi a fronte, saria de' maggior pericolosi seni e ridotti del regno...
Página 368 - Le cui vestigia grandissime si vedon per tutto, dove ella fu, come son pezzi di muraglie rovinate, pietre tagliate in quadro, colonne rotte, e case per terra. Nel più alto luogo della città, dove anticamente era la rocca, è solamente una Chiesa chiamata Santa Maria da...
Página 326 - ... muraglie antiche, le quali cingevano le abitazioni per circuito di mezzo miglio, ed ancor oggi si veggono, ma pochissime. Al piè del detto scoglio c' è una grandissima cava a man destra, e di maniera, che quivi si potriano ritirare quattro bregantini.

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