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buon pesciatelli; piani laghetti o per lavacro, o per ispecchio e diporto di caste donzelle; e fino a ruote, se non di grandioso edificio, pur per qualche bell'opera vantaggioso. Ma mentre il novellino fonte divisava tai cose, ecco al di sotto chi, tentando di svolger quell' acque ad un suo poderetto, tanto zappa e tanto penetra e scava, che una voragine se le inghiotte. Or non era meglio lasciarle correre verso il chino?

Amo in oltre, che la favoletta esopiana sia finta e disegnata per modo, che migliorar possa il costume degli uomini. E perchè no senz' altro finta per migliorar il costume degli uomini? Perchè, rispondo, non uno è il motivo ed il fine, per cui si scrivano favole. Intorno a che dai maestri dell'arte poetica avendo io nulla imparato, mi studiai di esser maestro di me medesimo; e ciò che parmi di avere appreso, schiettamente, sia bene, sia male, dichiaro. Chi per timor del gastigo in gergo favella, e con frasi, per dir così, furtive ed enimmatiche ha per fine del parlar suo non di migliorar il costume degli uomini, ma di evitar la pena al parlar franco intimata. Or fu questo appunto il fin contemplato dai favolatori più antichi.

Servitus obnoxia

Quia quà volebat, non audebat dicere,
*Affectus proprios in fabellas transtulit,
Calumniamque fictis elusit, iocis.

E non sempre il timore andò in traccia di favole per mascherare la verità ed evitar i gastighi, ma per insinuarsi a poco a poco nell' animo de' possenti, a cui non vuolsi la verità (che non ne sosterrebbono il lampo) manifestare tutto ad un tratto. Così fe' con Davide Natano. Il perchè un fine della favola si è altresì di dispor gli animi ad intendere la verità, più che d'insegnarla. Che poi se si avesse a trattar con gente sì rozza, che il favellare in astratto, e la forza delle ragioni non intendesse? Per far capire a tal gente la somma

di qualche ragionamento, sarebbe il caso una favoletta, che allora avrebbe per fine non la proposta sentenza, ma di apportar luce alla sentenza proposta. Ciò accade ogni qual volta favolette s'introdussero ne' poemi e nelle orazioni. Demostene poi ci mostrò, poter il favolatore proporsi ben altro fine da quello, a cui paia tender la favola. Narrava egli dell'ombra di un asino, dalla qual certamente questa moralità non deriva, che ai discorsi di un oratore convien porgere attento orecchio. Nè m' inganno affermando, che si usarono favolette non a fine che fosse inteso, ma sì a fine che inteso non fosse qualche utile insegnamento. Perchè, i discepoli interrogarono un tratto il divino Maestro, perchè alla turba del popolo favelli per via di parabole? Perchè, rispose l' incarnata sapienza, non vegga essa, ne oda, nè intenda. Tanto è lungi, che il fine unico della favola sia la morale! Nè ciò a gran pezza è tutto, quanto su questo punto può dirsi. Imperciocchè, senza badare gran fatto a migliorar il costume degli uomini, si scrissero favolette anche per lenitivo delle proprie calamità.

Fedro:

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Ego porro illius (Esopi) semita feci viam,
Et cogitavi plura, quam reliquerat
In calamitatem deligens quaedam meam:
Quod si accusator alius Seiano foret,
Si testis alius, iudex alius denique,
Dignum faterer esse me tantis malis,
Nec his dolorem delinirem remediis.

(Sarà continuato).

PARTE II.

SCIENZE ED ARTI MECCANICHE.

Exercitationes pathologica auctore Jo. Bapt. PALLETTA eq. a corona ferrea, honorisque legione. - Milano, 1820, dalla tipografia dei Classici Italiani. Un vol. in 4.° di pag. 238 con 12 tav. in rame.

RIUNISCE

IUNISCE questo libro diversi opuscoli di chirurgico argomento; i più dei quali aveva il ch. autore da lunga mano in pronto ed in parte già pubblicati. Vago poi di arricchirli delle successive osservazioni, quali non potea che somministrargli una pratica lunga, estesa e distinta, mentre le costei occupazioni appunto ne avrebbero forse procrastinato chi sa fino a quando l'eseguimento, intervenne a dargliene agio una per lui medesimo sofferta semilussa→ zione della coscia. Reso per la qual malattia casalingo e zoppo quello stesso che avea del zoppicamento investigate magistralmente le cause, tale di lui sciagura tornata sarebbe a vantaggio della scienza e del pubblico per le correzioni ed aggiunte che ne vennero ai detti opuscoli. Fra le quali aggiunte sono alcune annotazioni di un Wenzel di Magonza, col quale, avente allora stanza in Milano, usava PA. famigliarmente: anzi è detto avesse questi consiglio da quello ed eccitamento a compiere cosiffatto lavoro. Del che lui sapranno miglior grado gli studiosi, di quello avessero a quando mai dolersi perchè cessino assai prima che giunte alla metà del volume le dette annotazioni.

L'indole stessa non che il titolo dell' opera vietano per avventura il pretendere perchè le cose in essa discusse vi avessero un ordine determinato; quale cioè non emerge dalla distribuzione loro ne' quindici capi, ne' quali essa è divisa. I primi due risguardano ai polipi, all' infiammazione delle vene il terzo, il quarto alla riproduzione

della tibia, ed alla sciatica il quinto. Sieguono destinati ad un'articolazione analoga dell' omero il sesto, a due straordinarj tumori del collo il settimo, l'ottavo ad alcuni vizj della giuntura del femore colla pelvi, ed il nono ai tumori distruggitori delle ossa. Le malattie congenite, il sarcocele, i tumori sanguigni, le morti subitanee, la disfagia e le fratture delle vertebre somministrano argomento agli altri sei capi. Delle dodici tavole annesse, undici risguardano ai mali delle ossa e muovono desiderio delle più forse importanti, che si addirebbero alle altre osservazioni, tanto più che maggiori di numero queste, al paragone delle relative ai detti mali. Nella premonizione di fatto si avverte fossero assai più copiose le tavole, ma rifiutato anzi disperso il maggior numero delle meno corrispondenti e precise, nell' esecuzione, dall' autore medesimo il quale perciò e per quanto sembrasse degno d'ammenda in questo libro ab eruditis se consecuturum confidit veniam. Così gli editori.

:

CAPO I.

esse

Questo capo sull' indole di alcuni polipi risguarda specialmente a quelli del naso i quali vengono forse perciò dichiarati maligni chè hanno radici più assai profonde che generalmente si pensa o che profondamente si estendono essi medesimi colle radici loro nel capo. Dei quali polipi l'A. osserva negletta l'indagine dai notomisti patologi, e fra le sedi, che diverse assegna loro Morgagni nella sua grand' opera sulle sedi appunto e sulle cause delle malattie, non essere quistione di aventi origine o penetranti nel cranio, con guasto successivo di sua tessitura o di quella degli organi contenuti e con perciò irreparabile successo di morte. E sotto questi rapporti è molta l'importanza delle sette osservazioni di questo capo, di quelle massime, nelle quali furono palesi o la cefalalgìa ed altri sintomi cerebrali (1. 2. 4. e 5.) od i vantaggi, benchè passeggieri, di comunque provocata o spontanea deplezione sanguigna (1.a 2.a e 4.*).

a

a

Alla repressa epistassi, di fatto, la quale precesse il polipo della prima osservazione, l'A. ne incolpa l'origine in parte così elevata che uno de' seni sfenoidèi, e ponendo mente sì alla difficoltà che alla stessa natura dei mezzi, ai quali è mestieri sovente ricorrere, onde all' epistassi

por freno, avverte più che simile al vero, qualmente il sangue del naso provenga talora da vasi e parti assai più sublimi e profonde che non le fosse nasali.

Nella seconda osservazione sarebbe anche rimarche vole il provenimento sifilitico, a meno che fortuita la complicazione relativa: non essendo altronde rinomata la lue come generatrice de' polipi.

pra

L'indole maligna del terzo polipo inclina l'A. attribuire alla perforazione, che vi fu inopportunamente praticata. I sintomi per altro, che obbligarono ricorrere ai salassi ed alle fredde applicazioni, successero all'uso replicato del cauterio ed all' allacciatura; essendo prima indolente non che stazionaria la malattia. E parrà strano ad alcuni che, mentre que' sintomi sublata fuere præter opinionem sotto la tica de' rimedj antiflogistici, venga poi fatto carico alle fredde applicazioni del dolore, che si manifestò assai vivo nella parte affetta, e della successiva suppurazione all' insistenza del dolore medesimo (a continuo dolore pus generatur ). Essendo però mestieri che venisse ulteriormente ripetuto il cauterio (come quello che non decide la guarigione finchè rimangono addietro alcune radici o diramazioni polipose) nè standosi a ciò contento, fors' anche per ciò che reso amaurotico già di un occhio, il malato scomparve dallo spedale.

Lo stesso avvenne dell' infermo della quarta osservazione, ove il polipo è tanto più facilmente attribuito a rilassamento dei vasi, in quanto l'individuo andava soggetto abitualmente alla coriza e poco avanti la manifestazione del polipo aveva esso riportata copia di percosse al capo (quæ vasa labefactant et ad relaxationem disponunt), e dacchè l'emorragie irregolarmente ricorrenti, le quali sogliono accompagnare siffatti polipi, vengono ragionate in conseguenza. Anche non convenendo nella qual patogenia si dei polipi nasali che dell' epistassi, ond' ei sono facilmente accompagnati, come nol sono meno da altri sintomi d'affezione al capo, saranno trovate giustissime le riflessioni dell' A. contro l'opinione, che i polipi nasali deriva dalla varicosità delle vene, vale a dire da quanto è coeffetto dei polipi medesimi e del loro incremento: come lo provano le talora gravi emorragie, che sogliono conseguitarne l'estirpazione. Ed è perciò che l' A. preferisce distruggere col caustico le radici ed interne diramazioni

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